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20/02/2020

Modelli di compliance aziendale


Modelli di compliance aziendale, attività informativa & formativa. Analizziamoli insieme.

L’approccio sinergico nella predisposizione ed implementazione dei diversi Modelli di compliance aziendale, in una prospettiva di integrazione tra i sistemi, ha il pregio di consentire un’ottimizzazione delle risorse aziendali, una migliore focalizzazione, quindi una riduzione del tempo da dedicare alle attività non core, e la prevenzione di situazioni di rischio di natura differenziata. In un’ottica di cd. compliance integrata, il Modello di organizzazione, gestione e controllo previsto dal d.lgs. 231/2001 deve interagire con gli altri sistemi di prevenzione e gestione dei rischi presenti nell’organizzazione aziendale che, se ben strutturati e integrati tra di loro, determinano una massimizzazione del fine prevenzionistico e una sostanziale fungibilità dei contenuti. Tale aggancio è previsto normativamente in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro dall’art. 30, d.lgs. 81/2008 (T.U. Sicurezza) che delinea le attività necessarie alla corretta ed efficace attuazione del Modello Organizzativo ex d.lgs. 231/2001. L’art. 30 del T.U. Sicurezza al comma 1, lett. e) precisa che l’attuazione del Modello (e quindi l’idoneità dello stesso) è assicurata solo se vi è il rispetto dei vari obblighi giuridici necessari indicati, tra i quali vi è l’organizzazione delle «attività di informazione e formazione dei lavoratori», mentre gli artt. 6 e 7, d.lgs. 231/2001, dal canto loro, nel definire gli elementi dai quali discende l’idoneità dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo, fanno un rinvio di carattere generale ai concetti di adozione e di efficace attuazione del Modello. Il richiamo dell’art. 7, comma 3, d.lgs. 231/2001 alle «misure idonee a garantire lo svolgimento dell’attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio», a prescindere dal concretizzarsi di un illecito, fa implicito riferimento all’attività formativa. Infatti, saper «scoprire» una situazione di rischio presuppone l’avere a disposizione gli strumenti per rendersene conto, per valutarla e per utilizzare i mezzi a disposizione per neutralizzarla o, in mancanza di questi ultimi, per segnalare il pericolo a chi di dovere. Tutto questo sarebbe impossibile senza che vi sia stata prima un’adeguata formazione. Nel silenzio del d.lgs. 231/2001, che forse ritiene scontato il punto, l’importanza di un’efficace formazione dei destinatari del Modello Organizzativo è sottolineata dalle Linee Guida di Confindustria ove, in merito alle modalità di adozione ed attuazione di un Modello idoneo alla prevenzione di illeciti, si prescrive che «sia sviluppato un adeguato programma di formazione rivolto al personale delle aree a rischio, appropriatamente tarato in funzione dei livelli dei destinatari». In tal senso, infatti, affinché il Modello Organizzativo sia «efficacemente attuato» è necessario che i destinatari dello stesso siano adeguatamente formati sul dettato normativo del d.lgs. 231/2001, ma anche e soprattutto sui contenuti del Modello adottato in coerenza con le caratteristiche tipiche dell’impresa e del contesto in cui opera, contenuti che devono essere in grado di orientare il comportamento di tutti gli operatori – a qualunque livello – in modo che essi possano operare in sicurezza per sé e per la loro organizzazione Peraltro, solo qualora le regole contenute nel Modello Organizzativo siano diffuse e conosciute si può pretendere il razionale funzionamento di un meccanismo punitivo per coloro che pongono in essere comportamenti non conformi alle indicazioni e prescrizioni fornite dal Modello stesso. Invero, una regola non diffusa e della cui comprensione si dubiti, ovvero una condotta anche deviata che rientri in una prassi tollerata dall’ azienda, non potrebbe vedersi legittimamente abbinare una sanzione.


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